Viaggio nel Far West Americano

DIARIO DI VIAGGIO ATTRAVERSANDO CALIFORNIA NEVADA UTAH E ARIZONA

 

Venerdì 29 luglio Verona-Monaco-San Francisco (CA)

Siamo in 5, Annalisa, Nadia, Francesco, Paola e Gianpaolo. Prima della partenza sono serviti giorni e giorni di preparativi, ricerche in internet per trovare informazioni utili e per prenotare parecchi motel nelle località dove faremo tappa. Per altre cose ci si affida ad un’agenzia di viaggio, il volo e la stipula di un’assicurazione medica necessaria negli States dove gli esami, i ricoveri, le visite al pronto soccorso sono carissimi e tutti a nostro carico.

(We are 5 adults and we are looking for an accomodation for 1 nights starting from the 09 of August 2005. Which is your availability and your best price?
We will prefer staying in 2 rooms (2 adults in the first room, 3 adults
into the second one).

Da ricordare che negli Stati Uniti una double room (camera doppia) equivale ad una grande camera con due letti da una piazza e mezzo ciascuno (king bed o anche queen bed size) per cui una doppia va bene anche per 5 persone (risparmiando un sacco) aggiungendo un altro letto. E’ consigliabile la prenotazione specie nei luoghi di maggior attrazione turistica e durante i week-end.  Infatti  

troveremo molti turisti, tra l’altro in maggioranza italiani, per cui il rischio del “no vacancy” è da tenere in conto. Partiamo dall’aeroporto Catullo di Verona alle ore 11,00 con un volo per Monaco di Baviera. Da lì senza dover cambiare aeroporto né recuperare i bagagli (organizzazione Lufhtansa niente ritardi e ottimo trattamento) partiamo alle 15 per San Francisco in California. L’aereo segue una traiettoria sorvolando la Scozia, la Groenlandia, poi più a sud, sul fiume Missouri e poi fino alla nostra destinazione. Dopo 11 ore e 1/2 di volo arriviamo a San Francisco. Lì sono le 6,30 di sera (per noi le 3,30 di notte, il fuso ci porta indietro di nove ore). I controlli negli aeroporti sono stati accurati, specie a Monaco, ma qui negli Stati Uniti solo la formalità di una dichiarazione che ti fanno compilare già sull’aereo. Ti chiedono se sei un terrorista, se spacci droga, se hai avuto problemi con la giustizia, dove alloggerai qui. Poi all’aeroporto prelievo impronte e foto. Fin da subito ci accorgiamo che a San Francisco la popolazione è composta da un numero considerevole di orientali, molti cinesi (ospita oggi la più grande comunità cinese al mondo, al di fuori della Cina stessa), giapponesi e anche da latini, per cui una società multietnica. La tolleranza probabilmente qui è molto sentita, le varie popolazioni mantengono la loro identità culturale e sono riunite nei vari quartieri cinese, italiano, giapponese, messicano, ma convivono pacificamente. C’è perfino Castro il quartiere gay.

All’aeroporto con un trenino ci portano alla Rental cars dove troviamo il banco della National Emerald con la quale già dall’Italia avevamo prenotato il noleggio della macchina, un minivan da 7 posti. Ognuno di noi potrà guidare (con una macchina a noleggio è sufficiente la patente B).

Guidare una macchina americana è abbastanza facile. Si deve inserire la leva a destra del volante in P (parking) al momento di fermarsi e spegnere il motore, la R (retromarcia) per andare indietro, la D (Drive) per guidare. Ci si deve dimenticare del piede sinistro (non c’è frizione, il cambio è automatico) e anche del destro se si decide di azionare il Cruise Control, il dispositivo per mantenere una certa velocità di crociera senza dover più accelerare. Si preme un pulsante e la macchina mantiene la velocità che avevamo in quel momento. Per disinserirlo basta solo accelerare o frenare. Poi ci sono varie ridotte per le salite. La segnaletica è molto chiara e il limite di velocità assolutamente da rispettare vista la severità della polizia (spesso le strade sono pattugliate e in molti casi utilizzano sistemi laser per rilevare le velocità anche da distanze molto elevate o addirittura dall'elicottero). Sulle Freeways e Interstate il limite varia da 55 (88 km/h) a 65 miglia (104 km/h), mentre nelle città il limite oscilla tra le 25 (circa 45) e le 35 miglia orarie (circa 50 km/h).
Parcheggiare l’auto non sarà un problema: troveremo o il parchimetro che va a monetine o i parcheggi multipiano. Da ricordare anche che qui in America non si possono tenere bottiglie di alcolici aperte nell'abitacolo, se ti fermano i chips (poliziotti) si rischia l’arresto e la denuncia per abuso d'alcool e guida in stato di ebbrezza. Tra l’altro in caso ti fermassero non bisogna scendere dall'auto, ma restare seduti e con le mani sul volante. Piccola parentesi sul popolo americano: da loro gli alcolici sono mal visti, è una società tendenzialmente conservatrice e puritana, autorizza la libera vendita di armi da fuoco, ma è rigida per quanto riguarda la regolamentazione dei "piaceri tabù" (sesso, marijuana e ovviamente alcool).

Scelta la macchina una spaziosa Chevrolet color oro, ci sistemiamo comodamente noi e le valigie e affrontiamo le strade della città alla ricerca della Lombard street dove ci aspetta il nostro motel (il Town House Motel 1650 Lombard Street San Francisco, CA 94123 Email: SFinns@aol.com) già prenotato dall’Italia. Se si affronta un viaggio di questo genere è necessario avere con sé delle carte stradali molto dettagliate oltre alle varie guide. Nel motel un signore dai tratti orientali, forse giapponese, ci accoglie alla reception. Quando ti danno le stanze fai il check in e paghi con la carta di credito. Quando lasci l’albergo il check out.

 

Sabato 30 luglio San Francisco (CA)

San Francisco è considerata la città più 'europea' degli Stati Uniti nonostante la presenza massiccia di culture e abitudini diverse tra loro. Qui in California, a differenza della costa orientale, i ritmi sono molto più rallentati, la gente in macchina rispetta del codice della strada e si ferma a dare la precedenza a chi è arrivato all’incrocio. Sono molto aperti, sempre con il sorriso sulle labbra e disponibili.

San Francisco è costruita su 83 colline che dominano una baia dalla bellezza strepitosa. Sorge all’estremità di una stretta penisola, circondata sui tre lati dall’acqua. Ad unirla alla terra ferma sono due capolavori dell’ingegneria: l’Oakland Bay Bridge e il famoso Golden Gate Bridge che attraversiamo con la macchina. Questo ponte fu inaugurato nel 1937 ed è il simbolo della città. Unisce San Francisco alla contea di Marin. E’ lungo 2700 metri, largo 27 e alto 67, sopra il livello del mare ed è percorribile in auto ma anche a piedi. Ogni settimana 25 uomini utilizzano due tonnellate di minio per mantenere costante il colore arancione originale, corroso in continuazione dalla salsedine. Per entrare in San Francisco dal Golden Gate si paga un pedaggio di 5 dollari come contributo per la sua manutenzione.

Cerchiamo un punto da dove poter fotografarlo, ma e’ avvolto dalla nebbia (è un sua caratteristica), e più o meno lo vedremo sempre così anche nei giorni successivi. Tra l’altro qui a San Francisco il tempo non è dei migliori. Fa freddo specie di sera e molto vento. Arriviamo a Sausalito che invece è uno soleggiato paesino di mare molto carino con le tipiche case sull'acqua e il porticciolo.

Tornati dal Golden parcheggiamo al Presidio, all'estremità nord del Golden Gate. Qui gli spagnoli nel 1776 avevano eretto una fortezza, poi fino al 1994 è stata zona militare che, appunto, presidiava lo stretto tratto di mare che permette l’ingresso alla Baia e che oggi è dominato dal Golden Gate Bridge. Del Presidio oggi National Recreation Area rimangono vecchie costruzioni, ma è interessante il parco con un bel laghetto e una costruzione stile neoclassico con statue e la cupola. Poi nel pomeriggio facciamo giro a piedi. La città non è vastissima, è a misura d’uomo, per cui è consigliabile muoversi a piedi per apprezzarne la bellezza anche se i continui saliscendi si fanno sentire sulle gambe. Anche qui a San Francisco in mezzo a tante modernità si notano i vecchi pali di legno che sorreggono le linee elettriche e che troveremo un po’ ovunque qui negli Stati Uniti. Percorriamo la Lombard Street la strada più tortuosa al mondo per la sua pendenza e le curve a gomito specie in un tratto che è stretto e tutto un susseguirsi di tornanti. Scendiamo verso il quartiere italiano il North Beach subito riconoscibile per le bandierine tricolori e le insegne in italiano dei tanti bar, pizzerie e ristoranti. Esso si snoda lungo la Columbus Street (dedicata appunto a Cristoforo Colombo). C’è la piazza Washington e la chiesa cattolica di San Pietro e Paolo. Qui a San Francisco svoltando un angolo di strada sembra di cambiare totalmente paese. Dal quartiere italiano si passa a Chinatown il quartiere cinese. E’ piuttosto grande e c'è anche una porta che delimita l'ingresso. Le case hanno la caratteristica architettura orientale, tetti a pagoda e colori vivaci. Ci sono molti negozi con vistose insegne in cinese. Arriviamo al Financial District, la downtown della città, con moderni grattacieli che ospitano il centro affari, pieno di negozi, uffici, banche. Tra tutti spicca il famoso Transamerica Pyramid (27° piani e circa 3700 finestre!) dalla forma inconfondibile a piramide. E’ stato dotato di sofisticatissimi dispositivi che lo rendono praticamente indistruttibile come gli avveniristici piloni idraulici e il blocco d'acciaio e calcestruzzo alla base, progettato in modo da resistere alle scosse sismiche. Il centro della città è rappresentato da Union Square con i suoi giganteschi magazzini come Macy’s e negozi di firme, Market Street e Powell Street.

Per mangiare scegliamo una pizzeria italiana. Occorre tener presente che qui negli States ai prezzi esposti nei negozi e ristoranti vanno aggiunte le tasse locali, che variano a seconda dello stato, qui intorno all’8% del valore. Inoltre anche il servizio non è compreso per cui nei locali è d’obbligo la mancia, il 15-20% del conto, ma solo dove c'è un servizio al tavolo, quindi niente ai fast food e buffet.

 

Domenica 31 luglio San Francisco (CA)

Dal molo Pier 41 partiamo con il traghetto verso l’isola di Alcatraz, situata nella baia di fronte a San Francisco, escursione già prenotata e pagata per tempo in Italia per non rischiare il tutto esaurito (con la carta di credito attraverso il sito http://www.blueandgoldfleet.com/ a 16$ per persona (la Blue & Gold Fleet è l'unica compagnia autorizzata ad arrivare fino all'isola). Dopo una decina di minuti sbarchiamo sull’isola. Qui l’atmosfera è un po’ lugubre, inquietante, per quello che ha rappresentato l’isola e per i segni di abbandono (è chiuso dal 1963). Ormai è abitata solo da centinaia di cormorani che rompono il silenzio con i loro versi. Arriviamo al penitenziario di massima sicurezza, soprannominato “'the Rock” e all'entrata ci viene consegnato un walkman con un nastro in italiano che ci guiderà passo passo nei corridoi del carcere raccontandoci le storie di alcuni dei detenuti più famosi (tra cui Al Capone) proponendo stralci di interviste e storie vere. La visita guidata dura 2-3 ore e attraversiamo i lunghi corridoi e visitiamo (in alcune si può entrare) le celle 2x3 con bagno accanto al letto disposte a tre piani, la zona di isolamento, la mensa, il cortile in cui si poteva prendere l'ora d'aria ed altro ancora. Sebbene l’isola che ospita il carcere si trovi a neanche un miglio dalla città evadere da qui a nuoto era quasi impossibile per la temperatura proibitiva dell'acqua e le correnti molto forti. Reclusi in celle molto piccole, fredde e umide, l’unico diversivo per gli ospiti era la vista di San Francisco. Infatti dall’isola si può ammirare lo skiline della città, il ponte Bay bridge a sinistra, poi la zona dei grattacieli tra i quali spiccano il Coit Tower e il Columbus, poi la zona residenziale con case basse e a destra la cupola nel parco del presidio e il Golden Gate.

La nostra visita dell’isola dura circa dalle 11 alle 15. Ci ripromettiamo di vedere sicuramente film come “the Rock” e “fuga da Alcatraz” girati qui. Tra parentesi una curiosità: sembra che qui ad Alcatraz ci sia un piccolo albergo anche se però sull'isola, a parte il carcere e qualche costruzione (molte delle quali distrutte da un pauroso incendio negli anni '70), non c'è assolutamente nulla.

Tornati al porto andiamo al Pier 39 il Fisherman’s Wharf, anticamente molo di pescatori, oggi trasformato in una delle aree più colorate e vivaci della città, pieno di turisti. Situato all'estremità nord della città è il cuore della vecchia Frisco. Qui ci sono una notevole quantità di negozi di ogni tipo, ma soprattutto, bar e ristoranti nei quali assaporare una svariata quantità di pesce fritto, alla brace ecc. Ci sono anche giostre per i bambini e l’attrattiva sono i leoni marini tranquillamente distesi al sole su delle piattaforme di legno. Un piatto particolare che preparano qui è anche una ciotola di pane svuotata di mollica e con dentro una zuppa di chili. Abbastanza buona a detta di Francesco e Gianpaolo che l’hanno provata. C’è anche un mattacchione riparato dietro delle fronde che per passare il tempo urla all’avvicinarsi dei passanti uscendo dal nascondiglio. Una signora per lo spavento perde anche la dentiera tra le risate generali.

Merita una visita il Ghirardelli Square, situato vicino al porto, che prende il nome dall’italiano che qui ha aperto una fabbrica della cioccolata oggi diventato un centro commerciale. Entrando nei negozi bisogna approfittare dell’ assaggio di cioccolata (squisita!!!).

Ancorate nel porto vediamo anche un veliero dell'800 in perfette condizioni. 

Torniamo alla sera al Fisherman’s Wharf pregustandoci una cena a base di pesce. Invece i piatti di gamberi fritti sono stati un po’ una delusione.

 

Lunedì 1 agosto San Francisco (CA)

Attraversiamo in macchina il Golden Gate Park, polmone verde della città molto esteso e ben curato. In particolare ammiriamo il giardino delle rose, il giardino botanico, il cortile di Shakespeare con le piante da lui menzionate nei suoi romanzi. Qui e là statue di illustri personaggi (l’Italia è rappresentata da Giuseppe Verdi). Entriamo (l’ingresso è a pagamento) nel Japanese Tea Garden, giardino giapponese con pagoda e numerosi Bonsai. L’atmosfera è rilassante e di contemplazione. C’è anche un laghetto con il ponticello e una statua di Buddha. Sosta al supermercato per approvvigionamento di acqua e viveri per i picnic nei parchi che ci attendono nei prossimi giorni. Nel pomeriggio visitiamo la cattedrale di S. Mary, una chiesa cattolica in stile moderno, ultimata nel 1970. Qui a San Francisco e in genere anche nelle altre città californiane la nostra religione è molto presente (non così nelle altre città americane visitate, ma probabilmente è dovuto alla presenza considerevole di latini residenti qui) per cui troviamo molte chiese cattoliche (confinante con Chinatown c’è anche la chiesa di Old S. Mary).

Raggiungiamo la collina di Telegraph Hill e saliamo sulla Coit tower da dove si può ammirare una veduta a 360°di San Francisco. Questa torre era stata costruita in onore dei pompieri.

Con 3 dollari a corsa proviamo l’esperienza di salire su un Cable Car un trenino su rotaie che prendiamo al capolinea giù vicino al porto. Parte seguendo la linea Powell – Hide la più spettacolare che attraversa le strade più ripide e della città e da dove si vede la baia e Alcatraz. Arriva fino al capolinea vicino al centro e qui sale su una pedana che viene fatta girare mentre una fune sotterranea viene tirata così il cable cambia direzione e riparte ritornando giù. Questi tram vecchi 125 anni, conservano ancora il loro fascino antico fatto di legno e di aste d'acciaio per comandarlo. E’ il mezzo ideale per queste strade così lunghe a rettilineo e con pendenze notevoli anche se ne sono rimaste ormai solo tre linee. Il municipio, area del Civic Center con il City Hall è un notevole esempio di stile rinascimentale con una cupola alta più di novanta metri modellata su quella di San Pietro a Roma.

Ci mettiamo alla ricerca di Alamo Square nel quartiere di Haight Ashbury dove si trovano le più famose case della città le Painted Ladies o le sei 6 sorelle cioè bellissime case vittoriane che risalgono al periodo tra il 1870 e il 1906. Molte case dell’epoca andarono distrutte dal terremoto del 1906, ma ne esistono ancora degli esemplari. Dietro alla fila di queste 6 bellissime case color pastello sono ben visibili i grattacieli del Financial district che creano così un bel contrasto tra vecchio e nuovo. Il terremoto che colpì San Francisco fu il più catastrofico dei terremoti con una scossa del 7.9 grado della scala Richter. In seguito alla rottura delle tubature del gas, nella città divampò un incendio di enormi proporzioni che arse per parecchi giorni e che non potè essere spento a causa della mancanza d' acqua nelle tubature anch'esse distrutte. Di gente bizzarra qui a San Francisco come nel resto degli states ne trovi tanta. Siamo in un supermercato e ferme alla cassa notiamo due signore di una certa età in sandali, pelliccia leopardata capelli cotonati color platino e cappellino più borsetta: sono identiche!!

 

Martedì 2 agosto San Francisco - Yosemite (CA)

Lasciamo San Francisco e percorriamo la 850 in direzione di Sacramento. Passiamo sul bay Bridge che la collega a Oackland . Questo lunghissimo ponte, 25 chilometri, fu inaugurato nel ’36, un anno prima del Golden Gate. Arriviamo a Mariposa alle 11 nel motel Yosemite Way Station Best Western anch’esso prenotato dall’Italia e alle 12,30 via verso lo Yosemite, parco californiano di circa 3030 Kmq. Al primo parco che si entra è conveniente comprare la national park pass che costa 50 dollari e permette un accesso illimitato ad ogni parco degli USA. La card non e' valida per la Monument Valley che non e' un parco nazionale. Scegliamo l’ingresso a sud per visitare Mariposa Grove, piccola area di solo 1 Kmq con 500 sequoie giganti, di cui la Più VECCHIA, 2700 anni, è il Grizzly Giant, alta 64 m con una circonferenza di quasi 30 mt. Attraversiamo a piedi una foresta di giganti ammirando anche le tre grazie e Bachelor, Oltre alle sequoie anche pini americani anch’essi notevolmente alti. Vicino a queste gigantesche creature noi siamo proprio piccoli e se alziamo gli occhi al cielo non riusciamo neanche a vedere la sommità della pianta. La foresta in alcuni punti è stata colpita da incendi recenti, che possono capitare anche per cause naturali tipo i fulmini. Ci imbattiamo spesso in cerbiatti, qualche scoiattolo e perfino un picchio all’opera. Torniamo al motel ripercorrendo la strada a tornanti. Alla cassa del supermercato facciamo provviste per il picnic di domani e notiamo (ci capiterà anche in altre occasioni) un dispositivo che dà automaticamente il resto in moneta.

 

Mercoledi 3 agosto Yosemite (CA)

Riprendiamo il nostro visita nello Yosemite Park. Passando per Wawona ci dirigiamo verso la Yosemite Valley, punto di partenza dei vari sentieri che noi percorriamo in macchina fermandoci nei punti panoramici. La Yosemite Valley, formata dall’erosione di un antico ghiacciaio qualche milione di anni fa, è una vallata stretta e profonda, lunga una decina di chilometri e profonda fino ad un massimo di 2 km. Tutt’attorno alla valle sorgono imponenti vette dalle pareti verticali come El Captain, il più grande monolito di granito al mondo (1370 metri) che è l'attrazione principale per i scalatori. Da queste vette le acque di scioglimento delle nevi sfociano in una serie di cascate (ben tre) che costituiscono le Yosemite Falls. Noi in particolare ammiriamo la Bridaveil Fall. Qui il paesaggio ricorda un po’ il nostro Trentino: ruscelli, cascate, laghi, verdi foreste e un bellissimo cielo azzurro punteggiato di nuvole bianche. Sullo sfondo le cime della catena montuosa della Sierra Nevada che raggiungono i 3600 metri di altezza e sui quali brillano i ghiacciai perenni. Man mano che l’altezza aumenta la vegetazione cambia e dalle foreste di Mariposa di ieri siamo passati ad uno scenario diverso del parco con le altissime vette di granito, roccie bianche e grigie dove ci cresce qualche albero. Attraversiamo la zona di Tuolumne Meadows e seguendo un breve trail a piedi raggiungiamo Olmstead point, il punto più panoramico dell’area che ci permette di godere lo spettacolo della Yosemite Valley. Da qui un breve sentiero conduce al Tenaya Lake. Sostiamo per il picnic in un’apposita area attrezzata vicino al lago. Il ranger ci avvisa di non lasciare in giro cibo perché attira gli orsi presenti nel parco. Qui poi conosciamo una coppia di turisti italiani (ne troveremo molti) che ci danno consigli per il proseguimento del tour di posti che hanno già visto. L’ultima parte della Tioga Road (siamo a quasi 3000 metri) è ricca di laghi di montagna formati dall’erosione dei ghiacciai. Usciamo dal parco e raggiungiamo Bodie, la ghost town, un tempo dimora di minatori, attirati sull’altopiano della Sierra dalla febbre dell’oro. E’ la tipica cittadina western. Una strada principale con le case, la chiesa, la scuola elementare. Dalle finestre si vedono ancora le scritte sulla lavagna, i quaderni sui banchi, aperti alla stessa pagina da tempo immemore, il mappamondo. Ci sono le botteghe dei commercianti (addirittura di bare!!). C’è anche il cimitero, in cima alla collina. Naturalmente non manca il saloon con il lungo bancone. A Bodie le controversie si risolvevano a suon di revolver non c’era la forca.

Ora è un museo all’aperto con i visitatori che si aggirano fra i vecchi edifici di legno, spiando dalle finestre (ci sono ancora i vetri), entrando in qualche stanza (assi di legno per pavimento e tappezzeria alle pareti. E’ tutto abbastanza ben conservato, nonostante questa città sia stata abbandonata già a inizi Novecento e abbia subito un incendio intorno al 1932 che la distrussi in parte. Ti dà l’idea di come vivevano all’epoca tra l’altro non manca niente, tavoli, sedie a dondolo, stufe. Da qui nel giro di poco tempo raggiungiamo il paese di Lee Vining dove ci aspetta il nostro motel il Tioga Lodge situato davanti al bellissimo e insolito Mono Lake. La zona è rinomata per lo sci, Lee Vining è un piccolo paese, poche case, un distributore di benzina, qualche albergo e ristorante, qualche negozio e il lago di fronte da dove affiora un’isoletta.

 

Giovedì 4 agosto Yosemite-Death Valley (CA)-Las Vegas (NEVADA)

Partiamo da Lee Vining alle 9 diretti alla Death Valley. Passiamo da Mammouth Lake celebre località sciistica americana. Attorno a noi le montagne della Sierra Nevata e gradualmente il paesaggio si fa più arido, non più pini, ma arbusti. Passiamo per Indipendence e a Lone Pine dove facciamo rifornimento di acqua, viveri e gas. Arriviamo alla Death Valley verso le 13 circa. Davanti a noi distese salate circondate da montagne aride e dai colori diversi a seconda se prevale il ferro, il manganese, il borace. Questo un tempo veniva estratto, lavorato ed utilizzato come detersivo.Ci sono dune di sabbia. La valle è una depressione (a Bad Water si scende a –86 metri sul livello del mare), circondata da montagne alte circa 1200 metri che la trasformano in una sorta di bacino chiuso. La scarsità delle precipitazioni è dovuta proprio a questo fatto. Le nuvole riescono solo raramente a superare la cima delle montagne che circonadno la valle, e quindi le precipitazioni all'interno della stessa sono scarse (si vede che dovevamo arrivare noi visto che poi ha piovuto!). Il lago che si trovava qui è evaporato lasciando il sale cristallizzato e bianco da sembrare neve. Ogni volta che scendiamo dall’auto un’aria tipo phon a 50° ci investe in pieno facendoci sudare all’istante in modo impressionante. Il deserto non perdona. E’ necessario avere con sé riserve di acqua per non disidratarsi, meglio avere un cappello per proteggere la testa dal sole se si decide di fare 2 passi a piedi, evitare accuratamente di calpestare o toccare arbusti, pietre dove potrebbero essere nascosti animali. Qui infatti vivono i crotali, i pericolosi serpenti a sonagli. I panorami sono davvero unici e a volte spettrali. Ogni tanto sentiamo un tuono e vediamo lampi tra le montagne. Camminiamo poco a piedi per lo più lungo la Salt Creek. Con la macchina ci portiamo nei vari point of view della valle. Arriviamo al Fornace Creek dove c’è il visitor center (un’oasi con l’aria condizionata) e ora inizia una bufera di vento e acqua che dura un’oretta circa, ma una volta usciti per riprendere il tour della valle non ci è più permesso raggiungere molti dei punti panoramici come i famosi Zabriskie Point, Dantes View, l’Artist Drive (una strada che si snoda tra rocce colorate), Artist’s palette, perché i rangers bloccano la strada dicendo che i sentieri sono allagati. Allora “ci accontentiamo” di ammirare il Golden Canyon e di visitare il Devil’s golf corse dove tocchiamo le concrezioni salate rimaste dopo l’evaporazione del lago. Raggiungiamo Badwater il punto più basso dell’emisfero occidentale, con i suoi 86 metri sotto il livello del mare: Su una parete rocciosa è indicato il livello del mare con il cartello sea level che è posto ben in alto rispetto a qua. Dopo il Bad Water (ultimo luogo per la sosta) usciamo dal parco verso le 20,15 direzione Shoshone, 84 miglia prima di Las Vegas e percorriamo la strada deserta mentre il crepuscolo avanza. Alle 22 circa arriviamo a destinazione. Las Vegas si trova nello stato del Nevada, è situata in una zona desertica e quindi caldissima. E’ ben visibile anche da lontano essendo tutta illuminata. Qui ci aspetta l’hotel Excalibur già prenotato dall’Italia per 2 notti (circa 50 dollari a testa per persona). Facciamo un giro ed entriamo nei vari hotels tutti situati lungo la strada principale chiamata "Strip (Las Vegas boulevard) cioè "striscia" e quasi tutti collegati tra loro. Luci, colori, suoni, megaschermi in continuo movimento, popolano la notte e illuminano la città quasi a giorno Mangiare e dormire qui costa relativamente poco questo per invogliare le persone a fermarsi per divertirsi e soprattutto giocare con le slot ed il resto. Pensiamo a quanto siano pazzi e megalomani gli Americani. Solo loro potevano pensare di costruire in mezzo al deserto hotels riproducenti all’esterno e all’interno città come New York, Luxor, Roma Venezia, Bellagio, Parigi illuminati in modo esasperato. entriamo nel Caesar's palace con il soffitto che rappresenta un cielo stellato e ovunque statue di Cesare, discoteca all’interno di una barca con l’effige di Cleopartra. Non mancano i Fori imperiali e il Colosseo. C’è Aladin anche questo lussuoso e a tema, ammiriamo il New York con la statua della libertà e il ponte di Brooklyn e i grattacieli. C’è il Paris con la tour Eiffel, l’hotel de ville e l’arco di trionfo. Ogni hotel è anche casino con gente che gioca a ogni ora e non mancano gallerie di negozi di grandi firme. Sono collegati fra loro anche con scale mobili, rotaie, ponticelli. A Las Vegas ci si può sposare o divorziare senza tante formalità. E’ la città del vizio, il regno del gioco, la prostituzione, spettacoli per soli uomini che vengono bombardati da biglietti di invito!!! Di notte qui fa ancora caldo (figuriamoci di giorno!), ma negli hotels l’aria condizionata va a 1000. Andiamo a letto verso le 4 storditi e stanchissimi.

 

Venerdì 5 agosto Las Vegas (NEVADA)

Al risveglio verso le 9 partenza per fare shopping nell’outlet Premium, situato lì vicino, con negozi delle varie firme Calvin Klein, Ralph Lauren, Timberland a prezzi interessanti. Facciamo colazione in uno Starbucks, una catena presente ovunque negli States. Ci fondiamo in ogni negozio e rimaniamo qui all’outlet fino alle 17,30 circa. Se uno avesse caldo fuori all’aperto basta mettersi sotto a dei pali che spruzzano acqua nebulizzata che rinfresca. (li troveremo anche negli Universal Studios).

Ci troviamo al Fremont Gallery Experience con la famosa insegna del cowboy che rappresenta la città di Las Vegas. La galleria è coperta da una volta sulla quale alle 8,30 viene proiettato un filmato di astronavi e extraterrestri. Ricominciamo il giro degli hotels della strip. Attraverso una monorotaia raggiungiamo l’hotel Venetian che all’interno ha addirittura il Canal Grande con tanto di gondoliere che canta canzoni italiane. Il soffitto è un cielo in pieno giorno e sono state riprodotte anche le calli tipiche di Venezia. Alle 22 circa iniziano i vari spettacoli che si svolgono all'esterno degli hotels e che si ripetono ad intervalli regolari fino a mezzanotte. Il Bellagio (città sul lago di Como) propone un gioco di fontane danzanti al ritmo della musica. Bellissima la hall con il soffitto di fiori di vetro di Murano. Il Mirage propone un’eruzione vulcanica con l’acqua illuminata, il fuoco e i suoni. Al Treasure Island c’è lo spettacolo del ballo delle sirene e fuochi d’artificio. Entriamo anche nel Luxor, hotel a forma di piramide e poi via a letto. Non abbiamo assistito ai famosi spettacoli del cirque du soleil o Celine Dion, ma non ci siamo proprio annoiati, anzi il tempo non sarebbe bastato mai.

 

Sabato 6 agosto Las Vegas (N)-Zion-Bryce Canyon (UTAH)

Da Las Vegas ci muoviamo verso Zion Park. Prendiamo la 15 north in direzione Salt lake city, attraversiamo l’ Arizona per un tratto per poi entrare nello stato dello Utah. Passiamo da Hurricane e da Springdale e già qui intorno si ergono delle meravigliose montagne rocciose stratificate dai colori rosso, marron. Alle 14,30 circa entriamo nel parco Zion Park. Si trova a sud-ovest dello stato dello Utah ed è caratterizzato dal paesaggio aspro e allo stesso tempo maestoso. Creato da milioni di anni di evoluzione geologica presenta enormi lastre verticali di sabbia rocciosa che si innalzano per oltre 350 metri (1.000 piedi) da una graziosa vallata i cui campi erbosi e abissi di rocce rosse sono attraversati dal Virgin River. Il Parco si trova a 1.000 metri (3.000 piedi) sopra il livello del mare. Noi percorriamo in macchina una strada panoramica, scenic drive, che costeggia il canyon (Zion Canyon). Attraversiamo un tunnel dopo una piccola attesa in coda. C’è il senso unico alternato e la ranger regola il traffico. Le montagne formano altissime pareti di roccia, piattissime e di un colore rosso scuro. Questo parco, a cui i mormoni diedero a metà Ottocento il nome biblico di Sion (poi storpiato in Zion) nel senso di “luogo del riposo celeste”, nonostante la superficie piuttosto contenuta è uno di quelli che presentano i paesaggi più grandiosi: formazioni massicce, tavolati, torrioni, pareti verticali alte centinaia di metri, pendii rocciosi con scanalature in senso verticale e orizzontale. Si passa dal colore rosso al rosa, bianco, nero, giallo.

Il tempo di fare qualche foto e già lasciamo il parco per la prossima meta il Bryce Canyon. Alle 16,30 prendiamo la direzione north 89. A precedere il Bryce si cominciano a vedere lungo la strada montagne e alcuni dei famosi hoodoos di un colore tra il rosso e l'arancione. Vi arriviamo alle 17,30 circa e lo spettacolo ti si presenta all’improvviso davanti. Ad aumentare l’incanto contribuisce la luce radente del sole al tramonto che evidenzia ancora di più la varietà di colori dei pinnacoli, che varia dal rosa al giallo dorato, al bianco all’arancione al rosso vivo. E’ il Sunset Point, Ci affacciamo sull'anfiteatro di Bryce e rimaniamo abbagliati dalla meraviglia. Il canyon sotto di noi presenta da una quantità incredibile di pinnacoli appoggiati sulle ghiaie depositate dalla loro stessa erosione. Il verde dei pini e abeti laggiù contrasta con la roccia. Gli agenti atmosferici, precipitazioni, neve, ghiaccio, vento, che nella Monument Valley produssero mesas e torrioni e nell’Arches N.P. gli archi naturali, qui hanno dato luogo su un’arenaria particolarmente tenera, a un dedalo di “hoodoos” e fratture del terreno di calcare rosa e bianco profonde fino a 300 metri. Il Bryce e' attraversato da una rete di affluenti del fiume Paria che nel tempo si sono scavati sentieri dalle forme piu' strane, creando passaggi, pinnacoli e guglie. Gli indiani Paiute ritenevano che queste forme verticali fossero uomini pietrificati da un dio vendicativo: milioni di queste figure sembrano scendere dalle pendici del canyon verso il deserto sottostante, cambiando colore secondo l'ora e la luce del giorno. Quando si entra al Bryce Canyon dal visitor center si percorre un' unica strada di circa 30 km che porta fino al Rainbow point e lungo il percorso ci sono tanti view points per godere dell'incantevole paesaggio. Lasciata la macchina proseguiamo a piedi e incontriamo qua e là piccoli scoiattoli. Il navajo loop, sentiero che scende nel canyon tra questi enormi pinnacoli è chiuso purtroppo. Ci si trova ad un altitudine che va dai 2018 ai 2748 metri (intorno agli 8175 piedi al paria view quasi 3000 metri. PS: 1 miglio è 1,61 km e 1 piede è 30 cm. Usciti dal parco ci accorgiamo che purtroppo si è fatto tardi e siamo preoccupati di non trovare più una stanza libera nei vari motel (tra l’altro senza renderci conto che siamo nello Utah perciò un’ora avanti rispetto a quella che pensavamo). Dopo svariati km, alle 21,30 ora di Utah, troviamo un motel nel paese di Hatch, il New Bryce dove con 80 dollari dormiamo in 5 in una spaziosa stanza.

 

Domenica 7 agosto Bryce Canyon (UTAH)

Ritorniamo al parco per rivedere i vari Sunset Point, dal Sunrise Point, con la luce del mattino.

Percorriamo il sentiero di inspiration point e ammiriamo anche un paio di piccoli ponti naturali tra gli hodoos giù in basso. E’ particolare il contrasto tra l’arancione delle rocce, l’azzurro del cielo e il verde della fitta vegetazione di pini e abeti della sottostante Dixie National Forest e della lontana catena delle Navajo Mountains. Alle 10,15 circa partiamo alla volta di Moab e percorriamo la 12 east. Questa attraversa la regione dell’Escalante National Monument con una foresta pietrificata dove sostiamo per ammirare il tronco pietrificato di un albero. Milioni di anni fa, i tronchi di grandi alberi caduti e trasportati a valle dai fiumi, vennero progressivamente coperti da fango e ceneri vulcaniche. Iniziò quindi un procedimento che rallentò la decomposizione del legno e le acque, ricche di sali minerali, penetrarono nei tronchi fino a sostituire le fibre del legno. Questo lungo processo di calcificazione trasformò i tronchi di legno in veri e propri tronchi di pietra dai colori molto belli. Passiamo da Boulder e il paesaggio è selvaggio, tavolati di roccia di color chiaro a strati e tornanti di montagna. Attraversiamo la Dixie National Forest con una folta vegetazione di conifere. Poi il Capital reef national un tavolato di roccia rosso-marrone. Il paesaggio è selvaggio da far west percorri centinaia e centinaia di chilometri senza trovare un paese, niente opera dell’uomo: case, coltivazioni, pali di corrente, solo la strada asfaltata e montagne rocciose. Arriviamo alle 17,30 a Moab e cerchiamo subito un motel per 2 notti. Non abbiamo prenotato dall’Italia visto che la cittadina offre molto, ma Paola ha stampato da internet vari alberghi di Moab con indirizzi e prezzi. Al Days inn troviamo da dormire lì per 2 notti.   Alle 18,30 circa entriamo al Canyonlands e attraversiamo Island in the Sky, la parte piu' facilmente accessibile avendo Moab come base. Canyonlands è considerato uno dei parchi più selvaggi del sud-ovest. Ammiriamo il panorama dal Grand View Point Overlook, il Green River Overlook e l’Upheaval Dome. Qui il paesaggio è molto bello e selvaggio. Vediamo qualche centinaio di metri più in basso il tavolato di rocce sedimentarie, il Colorado Plateau, che si stende a perdita d’occhio (per circa 1400 Km quadrati) e sul quale il fiume Colorado e il suo principale affluente il Green River hanno scavato in milioni di anni il proprio corso per poi ricongiungersi. Siamo accompagnati dalla presenza di piccoli sciami di moscerini. Qui a Island in the sky siamo sui a circa 1800 metri. Verso le 19,30 facciamo tappa al Dead Horse Point State Park dove non c’è nessuno al baracchino e noi ignoriamo il cartello che ci avvisa che ci sono 7 dollari da pagare per entrare. E’ uno splendido belvedere dall’alto sulle anse del Colorado River che è di un “bel” color marron mentre la luce sta scendendo Poi però troviamo il biglietto lasciato sulla macchina dal ranger, per cui ci tocca fermarci a fare un pagamento self service (ancora non vediamo nessuno). Qui la luce non era proprio “giusta” per le foto: troppo bassa e il cielo nuvoloso per cui i colori non rendono al massimo. Tra parentesi un confronto con il Grand Canyon, anche per la similitudine dei due luoghi, dovuta al medesimo fenomeno geologico, sorge subito spontaneo. Il Grand Canyon ha dimensioni diverse quasi 5000 kmq. contro i quasi 2000 kmq di Canyonlands. Però qui a differenza della sommità del Grand Canyon, dove il Colorado è una presenza che si intuisce appena sotto forma di lontane strisce azzurre, il fiume è appena cinquecento metri sotto di noi e sembra quasi di toccarlo. Dopo circa tre quarti d'ora di macchina (quasi 70 km. di strada tortuosa) facciamo ritorno a Moab dove ceniamo al Butch grill, seguendo i consigli della lonely planet, la nostra guida, un vero ristorante, una volta tanto, che ci prepara carne di bufalo. Moab è una cittadina ben fornita di negozi, ristoranti, motel. Qui si respira una piacevole atmosfera da vecchio West, molti locali in legno dalle insegne tradizionali e negozietti di buon artigianato indiano. Il circondario di Moab fu usato per i scenari di molti films tra cui Thelma & Louise. Qui nelle vicinanze si trova il Potash Trail dove fu girata la scena conclusiva quella in cui le due donne si lanciano in auto oltre l’orlo del burrone.

 

Lunedì 8 agosto Arches National Park (UTAH)

Quest’area desertica di circa 300 km quadrati è situata a nord di Moab. Qui la natura ha realizzato nel corso di trecento milioni di anni uno dei suoi più stravaganti capolavori: gli sconvolgimenti tettonici, le piogge, il vento e gli sbalzi di temperatura hanno eroso le pareti rocciose dando luogo, oltre che a monoliti, torrioni, guglie, pinnacoli, a più di 90 imponenti archi e ponti naturali di pietra delle più svariate forme e dimensioni disseminati qua e là nel parco. Qui è concentrato il maggior numero al mondo di archi in arenaria, molti dei quali subiscono continui mutamenti determinati da vari fattori. L’unica entrata all’Arches National Park è a sud del parco, sulla strada che da Moab prosegue verso nord (la US-191 N): appena usciti da Moab, si attraversa il ponte sul fiume Colorado. Dopo circa 4 Km svoltiamo sulla destra per l'ingresso al National Park dove arriviamo verso le 10,15. Nuovamente esibiamo la Il nostro "pass" ed entriamo dopo aver ricevuto la solita cartina e il classico "giornale" pieno di indicazioni e consigli utili. La strada prende a salire molto ripidamente lungo tornanti scavati sulle pareti verticali fino ad arrivare al primo punto di interesse. Ammiriamo un allineamento di rocce che formano alte pareti talmente squadrate da ricordare i grattacieli di New York e per questo denominato Park Avenue. Questo degli Archi è uno dei parchi rossi, con riferimento ai colori dominanti delle rocce che li caratterizzano. Seguiamo in macchina strade panoramiche asfaltate con comodi spiazzi dove fermarsi e parecchi brevi sentieri. Ammiriamo rocce dalle forme più strane: Three Gossips, tre punte che sembrano i tre re magi, the Sheep Rock perchè ricorda una pecora, la Torre di Babele e poi altre che incontriamo lungo il tragitto the Organ, Coutrhouse Towers e le dune pietrificate. Le pareti a strati di roccia arenaria hanno un colore marrone scuro-rosso che contrasta con il cielo blu. Lasciamo la macchina e ci inoltriamo a piedi verso 2 archi, Double Arch, dove ci arrampichiamo attenti a non scivolare per godere il panorama dall’alto visto dalle aperture. Questo è lo scenario delle sequenze iniziali di

“Indiana Jones e l’ultima crociata” con Harrison Ford. Ci sono una serie di archi chiamati Windows le North & South Windows , Turret arch e di fronte l’Elefante. Arriviamo al Fiery Furnace, un fitto labirinto di pinnacoli. Il caldo qui si fa sentire. Anche qui è raccomandabile bere tanta acqua, avere la testa protetta e usare protezioni solari La vegetazione è pressoché costituita da piccoli cespugli. In macchina raggiungiamo Devil's Garden zona situata nella parte più settentrionale del parco da dove parte un sentiero il devil’s garden trailhead che facciamo a piedi, lungo il quale si trovano molti famosi e stupendi archi naturali. Raggiungiamo il Landscape Arch ammirando, durante il percorso, il Tunnel Arch e il Pine Tree Arch. Nei pressi del Landescape arch però il sentiero è chiuso per precedente caduta massi. Questo arco è il più scenografico del Parco insieme al Delicate e al Double: dopo il crollo nel 1991 di un blocco spesso un metro e lungo 20, è rimasta solo una striscia sottilissima di quello che è comunque il ponte naturale più ampio del mondo, 89 metri di larghezza su 32 di altezza. Alle 16 dopo uno spuntino riprendiamo il percorso verso il Delicate Arch Viewpoint. Dopo una piccola camminata in salita di circa 20 minuti si raggiunge un punto dove si può ammirare, in lontananza, questa stupenda opera della natura. A quota 1474 il Delicate Arch, che dà davvero una sensazione di miracolosa delicatezza, monopolizza con il suo precario equilibrio l’ammirazione e gli scatti delle macchine fotografiche di milioni di visitatori. Non a caso l’arco è raffigurato sulle targhe automobilistiche dello Utah, è il simbolo dello Stato.

Ci fermiamo per una foto al Balanced Rock prima di abbandonare il parco. Questa roccia è particolare perché un enorme masso è posto in prodigioso equilibrio sulla sommità di un roccione piramidale, sfidando tutte le leggi della fisica. Cerchiamo nei pressi di Moab il ristorante location usato per il film Thelma e Louise. Stasera per cena ci aspetta una buona bistecca in uno dei locali caratteristici di Moab steak house con 20 dollari a testa.

 

Martedì 9 agosto Monument Valley (UTAH)

Alle 9 dopo la sosta al supermercato di Moab e per la benzina, partiamo per la Monument Valley. Capita di vedere nel supermercato dipendenti di una certa età che mettono la spesa nel sacchetto. Questo ti ricorda il sistema sociale americano che non prevede pensioni come da noi. .

Il Walmart è una catena di supermercati tra le più presenti in America e noi vi facciamo provviste per il viaggio. C’è da dire che in macchina teniamo veramente di tutto, taniche di acqua, scatola di polistirolo che fa da frigorifero, patatine, crackers ecc. Percorriamo la 191 south diretti a Bluff. Passiamo da Mexican Hat (Cappello Messicano) dove la leggenda vuole che si tratti di un pastore messicano tramutato in pietra dallo stregone per essersi innamorato di un'indiana. Tralasciando le leggende devo dire che il posto è abbastanza carino e questo enorme masso, in equilibrio precario, fa si che uno immagini di vedere arrivare il mitico Wil Coyote che insegue Bip Bip. Il tempo è incerto, il cielo è nuvoloso e ogni tanto inizia a piovere. Proseguiamo per la Monument Valley. Le montagne sembrano quasi dipinte con varie tonalità sul rosso, bianco, giallo e le rocce sembrano quasi una costruzione di mattoni rosso, marrone. Entriamo nella terra navajo. La strada che porta all’ingresso della Monument Valley è una delle più belle del viaggio. E’ la scenic byway I-163 south. Le ultime miglia prima della Monument sono qualcosa di unico e fermiamo più volte la macchina sul lato della strada per poter ammirare e fotografare i panorami. Infatti davanti a noi, sullo sfondo, già si profilano, ancora lontani, i famosi monoliti della Monument. E’ famosa la scena di Forrest Gump che corre attraverso l’America e arriva anche qui proprio sulla strada dove siamo adesso. E’ emozionante vedere queste terre per la bellezza dei luoghi, per i ricordi di cose viste al cinema e per la storia del vecchio west. Alle 13 entriamo pagando 5 dollari per persona perché qui non è valida la pass siamo in una riserva degli indiani navajo. La Monumenti Valley si trova tra lo Utah e L’Arizona. Qui sono stati girati numerosi film western tra cui Ombre Rosse che hanno reso celebre il suo enormi blocchi di pietra rossa dalle forme bizzarre, torri e cumuli di roccia, archi naturali e canyons. Una guida indiana mette a disposizione il suo furgoncino per 40 dollari a testa, ma noi decidiamo di affrontare il sentiero sterrato con la nostra macchina. Il sole picchia, ma si sta bene e il cielo è meraviglioso di un bel azzurro con qualche nuvoletta. Questi enormi monoliti in pietra rossa sono monumenti naturali scolpiti dagli agenti atmosferici nel corso dei millenni. Avanziamo con la macchina fermandoci nei vari punti di osservazione per ammirare i Mittens, l’Elephant butte, le three sisters (3 famodi picchi), tumb, north window il totem e altre rocce dai nomi bizzarri. E’ emozionante, ci si sente sul set di un film western. Siamo al John Ford’s point, così chiamato in onore del regista che vi girò i suoi famosi films e c’è un indiano che sta arrivando a cavallo. Anche qui ci sono delle bancarelle di indiani che vendono collanine, dreamcatch e altri oggetti artigianali fatti da loro. Il tragitto è lungo circa 30 km e permette di visitare tutti i punti più belli. Le tre rocce più famose della Monument Valley sono Brigham's Tomb, Stagecoach e Mitten Butte. Pranziamo verso le tre in macchina per poi riprendere il sentiero. C’è anche una roccia dove tutti fanno 4 giri attorno ad essa perché sembra porti fortuna. Vediamo il Big Chair, the Hub, ecc. Alle 18,30 ripartiamo dopo una sosta prolungata ai negozietti indiani e ci dirigiamo verso Kaienta. Qui in un posto gestito e frequentato da clienti indiani mangiamo pizza in quantità esagerata e spendendo solo 10 dollari a testa. Riprendiamo il viaggio verso Page. Durante il viaggio inizia a piovere forte e un torrente riversa l’acqua sulla strada dove stiamo transitando. Per fortuna la nostra corsia è la meno allagata, ma bisogna fare attenzione anche ai rami di albero caduti sulla strada. Finalmente arriviamo sani e salvi a Page. Qui in Arizona siamo tornati un’ora indietro rispetto allo Utah e sono le 21,15.

Mercoledì 10 agosto Page- Antilope Canyon ARIZONA

Da Page pernottamento per due notti al Page Boys motel. Questa città è situata presso il Lake Powell che fino al 1957 non esisteva. Questa zona era in pieno territorio navajo e cominciò a popolarsi con gli insediamenti delle maestranze addette ai lavori di costruzione della diga (Glen Canyon Dam) a sbarramento del Colorado River, completata nel 1981. Il risultato di una realizzazione così imponente fu il Lake Powell, in un contrasto meraviglioso tra l’azzurro intenso dell’acqua e le tonalità rossicce delle rocce che ne emergono. A Page c’è una grande offerta di alberghi, ristoranti. in città attraversando un suo quartiere in cui sono concentrate chiese di non meno di una quindicina di religioni differenti, alcune a dir poco fantasiose. Anche l’infinita varietà di culti perfino nei piccoli centri è una delle caratteristiche che colpiscono viaggiando in America e inoltre non molto distante da qui, a sud lungo la Hwy-98, in territorio Navajo, c’è un posto meraviglioso da vedere assolutamente: l’Antelope Canyon. Alle 9,30 circa partiamo per visitarlo anche se la giornata non si prospetta bene, pioviggina e quindi non avremo la giusta luce per ammirare il canyon. Scegliamo Upper Antilope, più visitato del Lower Antilope che è molto più stretto e di cui solo il primo terzo è aperto alla visita. Non è un canyon tradizionale, ma un canyon a fessura, stretto. Non ci si può accedere da soli, si paga l’ingresso agli indiani di 6 $ e poi con altri 15 dollari ti portano su un furgoncino attraverso un percorso sterrato di sabbia rossa in 20 minuti fino all’imboccatura del canyon. La nostra autista, una squaw, ci accompagna all’interno della montagna, dentro la fenditura e ci spiega l’origine del canyon, formato dall’erosione della rocca dovuta a fenomeni atmosferici. Dentro filtra dall’alto la luce solare che illumina le pareti della roccia facendo risaltare le sfumature che vanno dall’ocra chiaro al rosso carico. Le pareti sono levigate e ondulate e anziché di roccia sembrano tessuti smossi dal vento. Si ha circa un’oretta di tempo per visitare il canyon che è una gola lunga circa 200 metri e stretta. La visita è preclusa in caso di maltempo, vista la strettezza del passaggio che può diventare una trappola mortale (nel 1997 la piena seguita a un improvviso temporale causò diverse vittime in un gruppo di turisti). Per fare le foto l’indiana ci consiglia di evitare il flash.

Lasciata Antilope raggiungiamo Horse shoe che si trova poco fuori Page andando verso sud lungo la Hwy-89. Lasciamo la macchina in un piazzale e seguiamo un sentiero che per circa 1.25 miglia alterna tratti in salita e discesa in uno scenario spoglio. Poi si arriva sul bordo di un precipizio (non protetto) che si affaccia sul Colorado River. Il colore blu intenso del fiume ha dell’incredibile. Il Colorado River descrive una curva ad U come un ferro di cavallo attorno a uno sperone di roccia. Alle 12,30 ci avviamo verso la diga (Glen Canyon Dam). Arriviamo a un visitor center che in realtà è presidio del governo. Dopo un accurato controllo a borse (e portafoglio!) anche con metal detector ci fanno entrare. Lì un simpatico ragazzo mormone che ha abitato a Verona ci dà informazioni sulla diga (oltre a dirci quanto è rimasto contento della nostra città). Questa costruzione imponente (168 metri) in cemento fu costruita dal 56 al 64 per fornire energia elettrica (solo per Las Vegas ce ne vuole parecchia!). Andiamo a Wahweap Marina con il porto turistico, punto molto bello per ammirare il lago Powell e a Glen Canyon: il suo colore azzurro contrasta con la roccia rossa delle coste frastagliate. Ceniamo a buffet alla Bella Napoli a Page nella North Navajo Street dove con 10 dollari hai la scelta tra vari primi, zuppe, pizzette, pasta, carne, verdure, gelato.

 

Giovedì 11 agosto Page-Gran Canyon ARIZONA

Sono le 9,30 circa quando percorriamo l’89 south diretti al Gran Canyon National Park. Passiamo attraverso alte montagne rocciose color rosso, e già si può vedere da un lato la spaccatura del suolo del canyon. La nostra direzione è Flagstaff. Scegliamo un accesso a sud est del parco che raggiungiamo con la strada 64 da Cameron. Il South Rim è l’entrata principale perché più accessibile rispetto al North Rim, la sponda opposta del canyon. Con i suoi 440 km di lunghezza e una profondità che supera,nel punto piu' basso i 1600 m questa spettacolare gola scavata nei millenni dal fiume Colorado e' una delle meraviglie naturali del mondo. Il parco Nazionale del Gran Canyon, istituito nel 1919 e ingrandito nel 1975 si estende per circa 5000 kmq nel territorio dell' Arizona e può essere esplorato in aereo , in elicottero a dorso di un mulo,a cavallo con i gommoni da rafting con gli sci da fondo nei mesi invernali. Due sono principalmente gli itinerari per visitare il parco. Il primo, a Nord chiamato North Rim meno affollato di turisti e il South Rim dove siamo diretti noi. Entriamo nel parco e trviamo il Gran Canyon Village, un centro per i visitatori con alberghi e negozi vari. Qui siamo a 2.100 circa di altezza. C’è anche una locomotiva a vapore d’epoca. Percorriamo un sentiero panoramico a piedi in mezzo a un bosco conifere. Ci fermiamo ai vari view point per ammirare il fantastico scenario, Navajo point, Grand view point. Il canyon è spettacolare per la sua maestosità. E’ un altopiano perfettamente orizzontale dove il fiume Colorado, in migliaia di anni, ha scavato solchi frastagliati molto profondi (circa 16 km di voragine!). Arriviamo fino al Yavapai Point: è come affacciarsi sull’infinito, fin dove arriva l’occhio umano è canyon: con la foschia quasi non si vede l’altro versante e i colori sono attenuati, ma si può comunque ammirare le striature delle gole del canyon di varie sfumature di un colore rosso intenso (da notare che tutti i parchi “rocciosi” sono molto più belli all’alba e al tramonto che di giorno, quando il forte sole e la leggera foschia rendono molto più tenui i colori). Usciamo dal parco diretti a Tusayan cittadina dove è presente l’aeroporto. La nostra intenzione è di prendere l’elicottero e di fare un giro di mezz’ora (125 dollari) per sorvolare il Gran Canyon dall’alto e poter così ammirare il fiume Colorado che si insinua nelle gole del Canyon e per farsi un’idea della grandiosità del canyon. Purtroppo quando arriviamo inizia una pioggia battente che ci fa desistere e ci consoliamo guardando un filmato del Gran Canyon al cinema Imax. Partiamo di nuovo direzione San Diego. Arriviamo a Williams (città storica dal punto di vista pioneristico, situata sulla route 66 ha mantenuto ancora il fascino del vecchio west) e passiamo nei pressi di Sedona, altra cittadina molto caratteristica in un ambiente montano. Qui il paesaggio è meraviglioso, siamo a 2400 metri e ci circondano boschi di conifere e betulle (?). prendiamo la 180 e poi la 17 (autostrada) fino a Phoenix. Fissiamo il pernottamento a Red Roof per 58 euro a stanza e ceniamo con cheese-burger.

 

Venerdì 12 agosto Phoenix (A) – San Diego (CALIFORNIA)

Phoenix è una città molto calda in estate. Percorriamo la union Hills la zona di Peoria, zona residenziale con belle case in muratura e bei giardini con cactus e palme. Ci aspetta un lungo viaggio in auto sino a San Diego Prendiamo la 101 south e la 10 west. Il paesaggio è desertico e ci sono dei cactus enormi. Un’altra cosa che notiamo è che qui negli USA spesso sono le persone a tenere i cartelli con le indicazioni stradali anziché essere automatici. Ci capita anche di vedere case viaggianti in autostrada. Rientriamo in California. Qui il paesaggio si fa desertico con le dune di sabbia. Alle 15 arriviamo a San Diego, contenti perché è prima di quello che avevamo sperato ed è tutto di guadagnato per la visita della città. Purtroppo trovare da dormire è un’impresa. Ci servono due notti, siamo in una grande città, il fine settimana è più richiesto e quindi molti motels non hanno stanze (sold out). Oppure ci sono hotels liberi, ma i prezzi troppo alti, o tuguri ma…..non è il caso. Finalmente dopo vari giri a La Mesa troviamo un Comfort Inn. Facciamo un giro verso la costa. Guidare a San Diego è veramente impegnativo. Le strade sono a più corsie e trafficate. In più qui corrono tutti come pazzi e se devi spostarti per cambiare corsia, è un’impresa.  

Oltrepassiamo il ponte (ponte rotante galleggiante che si può spostare?) che collega San Diego alla penisola del Coronado, una lingua di terra nell’Oceano Pacifico. Percorriamo l’Imperial Beach fino ad arrivare all’Hotel Coronado. Qui vicino c’è la base della Navy (Silver strand), zone di esercitazioni militari e dove fanno l’addestramento i piloti Top Gun (a Miramar) bella zona residenziale. Bella la zona residenziale con case carine e ben curate. Vediamo Ocean Beach, Mission Beach, le famose spiagge di San Diego. Facciamo una passeggiata costeggiando la spiaggia e incontriamo molta gente, molti giovani, alcuni anche abbastanza stravaganti. Di fronte ci sono tante casette allineate. Lasciamo la macchina sul lungomare vicino al centro. Qui si trova il Maritime Museum. Ancorata c’è una vecchissima nave a vela del 1800 che all'epoca ha fatto più volte il giro del mondo: la Star of India. ( Midway nave portaerei). Francesco riconosce il palazzo dell’nbc famosa televisione Americana. In questo momento da una sala al piano terra stanno riprendendo il telegiornale. Infatti seguendo il tg alla televisione si nota la vetrata alle spalle del giornalista con le luci della città, la gente che passa. Arriviamo al Gaslamp, elegante quartiere molto animato. La via principale è un lungo rettilineo pieno di locali come l'Hard Rock Cafè un autentico museo della musica con poster, cimeli vari e dischi autografati di varie stars Rolling Stones, Elvis, gli U2, Led Zeppelin. San Diego ci è parsa una città molto giovanile con una quantità notevole di locali e una vita notturna molto vivace. Purtroppo il tempo dedicatogli non ci ha permesso di conoscerla appieno.

 

Sabato 13 agosto San Diego (CALIFORNIA) 

Oggi ci aspetta il Sea World il parco acquatico più grande del mondo. Si tratta di una vastissima area piena di attrazioni, mostre, giochi, locali e quant'altro, tutte con un unico comun denominatore: il mare e le sue creature. L’ingresso viene 50 dollari. E’ bello assistere agli spettacoli dei delfini, alle prodezze acrobatiche delle orche assassine ammaestrate. L’importante è avere l’accortezza di non sedersi sulle gradinate troppo vicino ai bordi delle piscine per non rischiare bagni a ripetizione che qui elargiscono con abbondanza durante un po’ tutti gli spettacoli. Ci sono le vasche per vedere da vicino delfini, foche, mante e si possono dar loro da mangiare, toccarli. C’è anche il recinto dei fenicotteri rosa. Si può fare una visita "virtuale" sulle fredde acque del circolo polare artico e vedere l’habitat di pinguini, ammirare da vicino l’orso polare bianco e il tricheco. E’ strano trovarlo in un ambiente caldo come la California del Sud ma qui il clima adatto per i vari animali è stato ricreato artificialmente così possiamo trovare ogni specie acquatica esistente, dai delfini, i beluga, pirana e anche squali. Per poterli ammirare proprio da vicino camminiamo su una passerella situata sul fondo della "piscina" che li ospita e che ci permette di vederli come non sarebbe possibile in nessun altro modo (a meno di non incontrarli da vicino in mare aperto..per chi volesse provare..). Tra i vari spettacoli bello anche quello degli acrobati che si tuffano da altezze notevoli in mare e fanno evoluzioni mozzafiato con le moto d'acqua.

Sarà così possibile fare un giro, con una specie di barca, su un lungo fiume pieno di cascate, trabocchetti, rapide, spruzzi e via dicendo. far pagare l'ingresso 40$ mi è sembrato un "tantino" esagerato;

Alla sera visitiamo l’Old town di San Diego. Qui sembra che il tempo si sia fermato ai tempi di Zorro, le case ben conservate hanno lo stile tipico delle colonie spagnole. Il Bazar Del Mundo ospita vari negozietti messicani (alle 11 però chiudono) e ristoranti. La cena è naturalmente messicana. Mangiamo burritos (specie di piadina con carne) e tacos accompagnati da fagioli neri e riso.

 

Domenica 14 agosto San Diego – Los Angeles (CALIFORNIA)        

Facciamo un’abbondante colazione in albergo compresa anche la tipica ciambella americana che ti devi preparare da solo scaldando una pastella nell’apposita pentola e versandoci poi lo sciroppo d’acero. Partiamo alle 9 diretti a Los Angeles ultima tappa del viaggio. Prendiamo la 15 north, una strada toll road cioè a pagamento (3,5 dollari). Durante il tragitto ci capita anche l’avventura di rimanere senza benzina nella macchina ma per fortuna si riesce a spostarsi fuori (con il motore spento!) e a raggiungere una pompa di benzina. Passiamo per Newport graziosa cittadina sulla costa. Qui il cielo è grigio senza sole e così lo troveremo anche nei 4 giorni a los Angeles, ma la temperatura intorno a 24° è l’ideale. A Long Beach è ancorata la Queen Mary, un famoso transatlantico inaugurato il 27/05/1936. Le vie qui hanno nomi di città italiane, Siena, Sorrento ecc. e le case sono molto carine. Prendiamo la 710north diretti al quartiere di Hollywood dove pensiamo di trovare un motel abbordabile. Il traffico è intenso ma scorrevole pur essendo domenica. Su alcune macchine sulle case a volte notiamo un adesivo esposto con le parole God bless America come sostegno per le truppe americane che stanno combattendo in Irak. Troviamo una sistemazione proprio sulla Hollywood boulevard, l’Hollywood Express Inn. A proposito mi vengono in mente le riviste a distribuzione gratuita presenti un po’ dovunque dove ci sono i coupon per lo sconto nei motels. Non sempre poi sono proprio attendibili abbiamo capito, ma fa comodo avere delle informazioni se non si ha già prenotato il motel dall’Italia. Il nostro motel non si presenta proprio al massimo con una reception piccola e la moquette per terra che ha visto tempi migliori, ma le camere sono spaziose e pulite e il prezzo accettabile. Percorriamo a piedi questa famosa via che però ci sembra abbastanza degradata e sporca, piena di negozi di souvenirs e ristoranti tailandesi. A destra su una collina ammiriamo la famosa scritta Hollywood Dopo 4 km cominciamo a vedere i famosi marciapiedi ai lati della strada con le stelle di ottone con i nomi di personaggi famosi. Questa walk of fame ci conduce verso i famosi teatri di Hollywood. Nel Kodak theatre ogni anno avviene la consegna dell’oscar. All’interno, sulle pareti, accanto all’anno è scritto anche il titolo del film vincitore. Davanti al Mann Chinese Theatre vi sono le impronte dei mani e piedi dei divi su lastre di cemento. E’ divertente cercare i vari nomi, non mancano Richard Gere, Tom Hanks, Sophia Loren e Mastroianni. Qui pui farti fotografare con i vari sosia di Marylin, Elvis, i personaggi di guerre stellari ecc. Tornando indietro notiamo un murales molto grande e particolare: dentro una sala di un teatro ci sono i vari divi seduti in platea. Elisabeth Taylor, James Dean, Charlie Chaplin ecc. Ci fermiamo a cenare in un ristorante che appartiene alla catena Sizzler dove torneremo anche per altre due sere. Perché qui la steak è veramente buona buona, tu scegli come la vuoi, le dimensioni, ben cotta o meno, il contorno. Ti danno una prelibatezza alta un dito e tenera.

 

Lunedì 15 agosto Los Angeles (CA)

Oggi trascorriamo la giornata negli Universal Studios di Hollywood, dove vengono girati i film.
Il costo dell’ingresso viene 53 dollari. Avevamo i buoni per lo sconto di 10 dollari a testa, presenti un po’ ovunque in giro e nei motels.
Ci sono varie attrazioni come un parco divertimenti, il castello di Dracula, la Mummia con le montagne russe da percorrere a tutta velocità avanti e indietro. Ritorno al futuro dove si fa un viaggio virtuale su una macchina. Gli Studios sono collocati su due piani inferiore e superiore collegati con scale mobili. Ci sono delle sale dove ti spiegano come avvengono gli effetti speciali nei films. Nel film Backdraft una casa viene incendiata e nel filmato Ron Howard racconta come è stato possibile realizzare queste scene. Con gli occhialini che permettono visioni tridimensionali non ci perdiamo Shrek e Terminator. La cosa più emozionante e che ripetiamo per due volte è salire su un pulmino che ti porta nei vari set usati per i films. C’è il famoso motel con dietro la casa dell’assassino di Psicho. Un villaggio sudamericano dove comincia a cadere una pioggia torrenziale e l’acqua si ingrossa sempre più fino a formare un torrente che scende sulla strada verso di noi. Il Gorilla squote il ponte di Brooklin mentre lo stiamo transitando. Ci sono case distrutte e un aereo precipitato spaccato in due. Questo è il set usato per “la guerra dei mondi” (solo una scena dei film!). Entriamo nella metro di San Francisco e qui a causa di un terremoto, tubi di acqua si spaccano, la strada sopra di noi viene distrutta e alcune auto cadono fermandosi a un metro dalla nostra faccia. Assistiamo a uno spettacolo molto bello ispirato a Waterworld (anche qui rischio acqua per chi è seduto nelle prime file). Appena usciti dagli Studios troviamo un centro pieno di negozi di ogni genere, locali ed una multisala. C’è un negozio dedicato alle famose Harley Davidson e un Hard-Rock Cafè riconoscibile per una chitarra alta una ventina di metri come insegna. C’è anche un negozio dove è possibile trovare gadget sportivi di ogni tipo, foto, palloni e maglie autografate dei grandi campioni.


Martedì 16 agosto Los Angeles (CA)

Oggi dedichiamo la mattinata al quartiere più in di Los Angeles e cioè Beverly Hills. Sulla nostra guida vengono indicati i vari indirizzi dei divi. Non riusciamo ad appurare se realmente sono le abitazioni dei vip (l’addetto al giardino della presunta casa di Kirk Douglas per esempio ci dice di non sapere niente a riguardo). Certo comunque vediamo belle ville, in un contesto molto lussuoso e ben curato. Probabilmente le ville dei personaggi famosi sono inaccessibili anche alla vista, ma anche queste meritano attenzione perché alcune sono veri gioielli architettonici anche se appartengono a persone più "normali". Per vedere dove abitano i divi si può comprare una mappa con gli indirizzi che vendono ovunque oppure cercare sul sito www.seeing.stars.com. A Beverly Hills dovrebbero abitare Arnold Schwarzenegger, Barbara Streisand, Tom Cruise, Gregory Peck..ed altri ancora, ma sicuramente le loro case sono nascoste da alti cancelli e folte siepi. Ci dirigiamo al Rodeo Drive, situata in piena Beverly Hills è una sorta di via Condotti e via Montenapoleone in cui tutti i nomi della moda più famose del mondo hanno un proprio punto vendita; da Valentino a Dior, da Dolce&Gabbana a Versace, per arrivare a gioiellerie del calibro di Van Cleef e Cartier, insomma c'è solo da guardare (e visti i prezzi solo quello si può fare), dove non solo non entriamo, ma in uno di questi una guardia alla porta ci guarda pure storto perché siamo passati troppo vicino alla vetrina! Attraverso Wilshire bd arriviamo a Santa Monica. C’è un’isola pedonale con negozietti e arriviamo fino alla spiaggia. C’è un molo in legno occupato da giostre, una ruota panoramica, montagne russe e una giostra di cavalli chiusa in una struttura (vedi film “lo spaccone” con Redford). La spiaggia è una lunga striscia di sabbia lasciata libera senza infrastrutture, solo la casetta del baywatch. Nonostante ci sia una temperatura estiva la gente è per lo più vestita e anziché rimanere sdraiati a prendere il sole molti passeggiano o fanno surf. Anche a Venice è così. Qui lungo il tratto di spiaggia si affacciano molti negozietti di souvenirs. Ci sono anche bancarelle di cartomanti, pittori, musicisti, gente un po’ svitata. Venice Beach infatti è la spiaggia hippy (a dire il vero una gabbia di matti). Occorre fare attenzione mentre cammini ai pattini e skate. Anche qui come a Santa Monica la spiaggia è immensa e bellissima, il mare non è proprio acqua cristallina ed è praticato per lo più da surfisti. Queste spiagge sono un mito per chi come Nadia ha seguito il telefilm Baywatch. La somiglianza di Venice con Venezia (da cui prende il nome) sta nei canali con i ponticelli davvero molto belli. Ci sono casette che si affacciano sull’acqua e delle barchette. Raggiungiamo la sommità di un colle ed arriviamo al Griffith Park. Qui sorge l’osservatorio (con il pendolo di Foucault), ma noi troviamo tutto chiuso. E’ il punto più alto della città e ci accontentiamo di una veduta panoramica di Los Angeles al tramonto. Alla sera facciamo una puntata sulla Hollywood boulevard stavolta in macchina e sulla Sunset Boulevard la mitica strada che attraversa Los Angeles fino a Malibù. Da una parte e dall’altra della via ci sono hotel e locali famosi per aver ospitato divi ecc. Il decantato Original Spago dove secondo la nostra guida i vip fanno i loro party non c’è più.

 

Mercoledì 17 agosto Los Angeles (CA)

Oggi trascorriamo la mattinata alla Paramount Studios costo 35 dollari (con lo sconto di 5 dollari). Un addetto accompagna noi cinque più due signore a vedere i vari stages in un giro durato 2 orette. Tassativamente vietato fotografare mentre le troupes fanno le riprese. Ci spiega dove vengono girati i vari telefilm e programmi televisivi, presumo perché non si capisce niente, perfino Gianpaolo che conosce bene l’inglese fatica a comprendere il suo americano strettissimo. Ci mostra alcuni interni di telefilm oltre che la panchina di "Forrest Gump" ed il cancello di "Da qui all'eternità".
Visitiamo u
no spiazzo occupato adesso da macchine. Lì sembra abbiano girato i dieci comandamenti e Waterworld usandolo come una grande vasca (non molto alta per la verità) riempita tutta di acqua e usando un grosso pannello per simulare il cielo.

Vediamo finte casette tipo Happy days e un altro pannello che rappresenta la città di San Francisco e che viene usato come sfondo. Nel pomeriggio giro alla downtown di Los Angeles. Questa città è immensa e il traffico abbastanza sostenuto, ma abbastanza scorrevole grazie alle Freeway (famosa la 101) di 4-5 corsie per senso di marcia. La zona più antica della città è chiamata el Pueblo e sorge vicino alla North Main Street. Accanto ai moderni grattacieli rimane la vecchia stazione di Los Angeles, la chiesa e altri edifici in stile spagnolo coloniale. Vi troviamo anche un mercatino di bancarelle messicane e vari negozietti. C’è poi il municipio, enorme edificio moderno, il palazzo del tribunale, la cattedrale cattolica anch’essa molto grande e moderna.  

Giovedì 18 agosto Los Angeles (CA)

Trascorriamo la mattinata a spendere nei vari negozi di souvenirs lungo la Hollywood boulevard. Nel pomeriggio partiamo diretti all’aeroporto. Lasciamo la macchina alla rental dove la ritirano senza neanche guardare le sue condizioni. L’abbiamo portata fin qui sana e salva con quasi 5300 chilometri in più sul tachimetro. Facciamo poi le pratiche per l’imbarco sul volo che ci porterà a Francoforte per le 14,30 e poi da lì a Verona.

 


Anno del viaggio estate 2005

 

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